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1964 – L’idea di scendere in campo con un proprio modello da fuoristrada, nacque alla fine dell’estate del 1964.
Il motore fu preparato a Bologna, mentre nell’officina di Bergamo, Franco Dall’Ara si dedicò all’assemblaggio del telaio.
Per guadagnare tempo non esitò ad utilizzare i mozzi, come pure altre componenti della ciclistica dello Stornello, e, rapidamente il primo prototipo prese corpo ed iniziò il suo collaudo nelle competizioni bergamasche.
Al suo esordio, fu condotto in gara da Tullio Masserini, il 18 ottobre 1964, in occasione del 2° Trofeo Comune di Sorisole (BG), Regolarità Nazionale.
La prova fu vinta da Eugenio Saini e Tullio Masserini si classificò nono.
Pochi giorni più tardi, il 15 novembre 1964, sempre in sella a quel primo prototipo Morini 125cc da regolarità, Tullio Masserini, partecipò alla 4° edizione della Cavalcata delle Valli Orobiche, in coppia con il pluricampione mondiale Giacomo Agostini, anch’esso su Morini e quindi anch’esso artefice del collaudo di questa moto.

1965 – I primi test si dimostrarono più che soddisfacienti, ed i tecnici bolognesi profusero tutto il loro impegno nel realizzare una nuova moto, che non fosse semplicemente derivata dal modello stradale, ma che avesse tutti i requisiti essenziali per una moto da fuoristrada.
Nella primavera del 1965, scese in campo un primo gruppo di prototipi, da 125 cc e da 150 cc, derivati dal Morini Corsaro stradale, che già contenevano tutte quelle modifiche tecniche ed estetiche, tipiche delle Morini da fuoristrada.
Il telaio Ronzani, un solido monotarve tubolare con doppia culla avvitata, era spinto da un ottimo motore a 4 tempi  classico, con testa e cilindro in alluminio e canna in ghisa, (alesaggio 56 mm e corsa 50 mm, pari a 123,15 cc), capace di erogare quasi 10 cavalli , aveva la distribuzione a valvole in testa, verticali e parallele, comandate da aste e bilanceri, con albero a camme nel basamento, dove era anche alloggiato il cambio a 4 rapporti.
Il tubo di scarico era libero, con uscita sul lato destro.
Il serbatoio, di stretta derivazione stradale, presentava una vistosa particolarità: al suo interno era stato alloggiato anche un piccolo serbatoio per l’olio destinato alla lubrificazione della catena, ed aveva quindi un secondo tappo, arretrato rispetto a quello della benzina.
Lo strano accorgimento, fu una sorta di ripiego, o per meglio dire di “intelligente recupero”, di una modifica che, nelle intenzioni del progettista, aveva tutt’altre finalità.
Inizialmente, infatti, il tubo che attraversava verticalmente il serbatoio avrebbe dovuto fungere da condotto di aspirazione, alla cima del quale si sarebbe dovuto avvitare, come un fungo, il filtro Dell’Orto F20.


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