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1945 –  Per risalire alle origini delle moto cui è dedicato il presente capitolo, è necessario innanzitutto, parlare di una piccola fabbrica di motociclette cecoslovacca, la Povazske Strojarne (letteralmente “Fabbrica di Povazska”), con sede a Povazska Bystrica, una città dell’attuale Repubblica Slovacca, produttrice delle motociclette Manet e detentrice del relativo marchio, un’originale figura geometrica a otto lati, compresa all’interno di un cerchio, che alterna lati dritti e lati concavi.
La fabbrica era preesistente al secondo conflitto mondiale, e subì quindi, il destino di tutte le aziende metalmeccaniche cecoslovacche, controllate da un unico gestore, lo Stato, che disponeva collaborazioni e distribuiva risorse senza una logica commerciale, ma inseguendo semplicemente le mutevoli opportunità politiche.

1947 – La gestione congiunta di tutte le aziende, la cosidetta “economia pianificata”, si dimostrò, almeno inizialmente, molto più efficace dell’economia libera, perché offriva l’opportunità di studiare con grande larghezza di mezzi un unico progetto, particolarmente valido e tecnologicamente avanzato, suddividendo la sua realizzazione fra diverse fabbriche, in base alle dimensioni ed alle effettive capacità di ciascuna di esse.
E’ probabilmente per questo specifico motivo che, nell’immediato dopoguerra, le moto dell’Est sopravanzarono le moto dell’Ovest.
A differenza delle “piccole” industrie occidentali, le industrie metalmeccaniche che facevano parte del “blocco sovietico”, essendo ricomprese in una logica militare, fruirono di enormi finanziamenti, enfatizzati dalla scrupolosa preparazione atletica dei piloti, oltre ad un’assistenza premurosa sul campo, essendo tutti organizzati all’interno di un unico contesto privilegiato, di rilevante importanza strategica.
La stessa logica, ottusamente, rese vano ogni sforzo sotto l’aspetto commerciale, poiché impose un rigido segreto militare, che impedì a questi ingenti finanziamenti di divenire remunerativi, generando un adeguato ritorno economico.
L’Est non mise a frutto il suo primato tecnologico e l’incapacità di creare ricchezza, inaridì, anno dopo anno, il flusso delle risorse economiche con l’unico risultato di  “impiccarsi” con le proprie mani.


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