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CMK – Domino (1968 – 1976)
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Molte le affinità con le rinomate cugine d’oltralpe: cilindro in alluminio con due luci e canna cromata, mentre sul pistone è montata un’unica fascia elastica molto sottile; si tratta di una lavorazione speciale Mahle fatta espressamente per la Zündapp e per Otto.
Su alcuni modelli fece anche capolino una pittoresca pompa a mano da usare in caso di foratura, ma sul primo esemplare e anche su altri successivamente era previsto il porta gonfleur sul lato destro del telaio, seminascosto dalla marmitta.

Molti particolari, sia del motore che del telaio, venivano commissionati esclusivamente a ditte tedesche specializzate; questa scelta permise di ottenere rapidamente i risultati voluti, ma non consentì mai di rendere la produzione competitiva dal punto di vista economico.

Otto progettò e realizzò i suoi due primi esemplari nella cilindrata di 50 centimetri cubici. Due prototipi non uguali fra loro, sia per effettuare differenti sperimentazioni sia per le modeste disponibilità economiche che non permettevano approvvigionamenti nemmeno su piccolissima scala. Entrambi avrebbero dovuto partecipare alla Sei Giorni. Il primo condotto da Walter Arosio ed il secondo, con un ruolo di supporto (la cosiddetta moto "ombra"), condotto da Alberto, detto Bepo, Sangalli.

All'ultimo momento, un improvviso impegno di lavoro del Bepo Sangalli, genera un altrettanto improvviso cambio dei programmi e il caso volle che l'unico disponibile in quel momento fosse quel Pietro Polini che, pochi anni più tardi, portò la casa di Rivoltella ai traguardi più ambiti.
Pietro Polini accettò la proposta, ma non portò a Rivoltella solo il suo talento; lo seguirono infatti in questa nuova avventura anche i suoi supporter e meccanici, in particolare il fratello Franco, che diedero un valido contributo manuale alla realizzazione del progetto.

Le moto si dimostrarono molto valide, ma un po' fragili rispetto alla lunga distanza della competizione. Ciò nonostante Walter Arosio arrivò con successo sino al quarto giorno, fermandosi per la rottura del mozzo posteriore e Pietro Polini completò l'intera gara, pur con qualche difficoltà. Il telaio in particolare si dimostrò particolarmente debole e se non fosse stato per le provvidenziali e cospicue saldature volanti di Antonio Piazzalunga, di certo, anche questo secondo esemplare non avrebbe potuto completare i sei giorni della prova.

Pietro Polini (numero 331) superò i primi quattro giorni a zero penalità e mancò la medaglia d’oro a causa di una rovinosa caduta il quinto giorno che gli costò ben 24 penalità.

Malgrado il disappunto per i tanti piccoli contrattempi, la soddisfazione per questo esordio più che soddisfacente fu veramente grande.

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