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Parilla (1946 – 1966)
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Rispetto alla prima serie cambiava anche il giro del tubo di scarico che usciva basso sotto il motore per risalire con il terminale e la marmitta sul lato posteriore destro.
Insomma c’erano tutti gli ingredienti perché la preziosa creatura voluta da Giovanni Parrilla si affermasse, egemone, sull’intera concorrenza ed ancora una volta questo obiettivo venne inesorabilmente mancato.
Se fate mente locale constaterete che la storia della regolarità (metafora della vita) è costellata di occasioni mancate; tutte insieme rappresentano una sorta di filo conduttore occulto che percorre trasversalmente le varie trame per tessere una storia più ampia, quella del progresso tecnologico, che, inarrestabilmente, passa di mano in mano e si realizza, ahimè, solo quando tutto è perfetto.
La palma della vittoria ed il successo arridono solo a coloro i quali riescono a comporre il mélange più omogeneo di macchine e uomini, e tutto questo non basta, intervengono poi un’infinità di fattori esterni che condizionano e dirigono le sorti delle varie aziende e fanno si che ciascuna vittoria rappresenti un momento magico e fortunato di questo o di quel marchio.
Dopo due anni di esperimenti la Parilla schiera una moto fortemente competitiva con la giustificata ambizione di cogliere tutti i risultati migliori.

L’esordio di questa nuova regina avvenne nel maggio del 1959, a san Pellegrino, in occasione della 12° edizione della Valli Bergamasche, dove la Parilla si presenta con uno squadrone di primo piano:
Canzio Tosi, già vincitore in sella alla Parilla 125 del Trofeo FMI nel ‘58, Lino Cornago, che dopo aver lasciato la Rumi già nelle competizioni di primavera si era affermato con la prima serie Parilla, Romano Crippa e Walter Reggioli, e poi ancora Spiga e Bertuzzi.
Lo scontro è ai massimi livelli con le nuovissime Gilera Giubileo, anch’esse al loro esordio sulla scena internazionale.
Quella del 59 fu una delle edizioni più dure della Valli Bergamasche, bagnate da un diluvio di pioggia; la resistenza di uomini e mezzi fu messa veramente a dura prova, con una selezione senza precedenti.
A pochi chilometri dal traguardo, la Parilla di Lino Cornago era prima in classifica, inseguita a breve da Tullio Masserini.
Al controllo orario posto alla fine della famigerata salita alle Torcole, un mare di fango sul fianco ripido di una montagna che sovrasta Piazzatorre, in cima alla Val Brembana, Lino Cornago, stroncato dalla fatica immane, cadde svenuto e per parecchi minuti rimase esanime a terra, senza riuscire a riprendere le forze.

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