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Parilla (1946 – 1966)
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La Parilla, ancora una volta, anticipava i tempi adottando soluzioni cui sarebbe inevitabilmente approdata la grande industria motociclistica solo una decina d’anni dopo. In previsione c’era anche un modello da 250 cc e, forse, anche un quattro cilindri da 500 centimetri cubici.
E’ ovvio che un simile progetto non poteva nascere perfetto e necessitava di un periodo di sviluppo e collaudo per eliminare gli inevitabili difetti che ben possiamo immaginare.
Appare evidente, ad esempio, un’eccessiva pesantezza dell’avantreno con un mozzo troppo grande, ancora di quelli vecchi degli anni ’50, e una ruota da 18, troppo piccola.
Ma pensate come sarebbe stata bella e competitiva semplicemente montando una ruota da 21 pollici, un carter catena e dei bei parafanghi in alluminio.
Persino il design era particolarmente gradevole con quello spiccato richiamo ai vecchi serbatoi (questa volta con un tappo solo) e contemporaneamente una calibrata evoluzione delle forme.
Il motore era il collaudato e potente Saetta che tutti ben conoscevano sulle piste di kart e, in considerazione della grande esperienza maturata, era presumibile una sua discreta affidabilità.
Con una potenza doppia rispetto a quella della concorrenza si poteva senza dubbio contare su di un mercato mondiale che già allora faceva pensare a produzioni nell’ordine delle decine di migliaia di pezzi.

Purtroppo (ci limitiamo a dire purtroppo..) l’azienda si trovava in una pessima situazione finanziaria e, pur non mancando la volontà, mancarono le indispensabili risorse economiche; tutto naufragò insieme con gli entusiasmi dei regolaristi nostrani, immediatamente accesi da questo strabiliante prototipo.
Forse questo è l’unico caso, nella storia della motoregolarità, di dirigenza aziendale.... diabolica!

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