-
Rumi (1951 – 1958)
-
pagina
1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8
page



In sella a questa modernissima moto Dario Basso si presentò alla Valli Bergamasche del 1955 e colse immediatamente un ottimo risultato, 1° ex aequo, con le due Gilera 175 di Dietrichs Serafini e Franco Saini e la Mi-Val 125 di Franco Dall'Ara.
Il successo fu sottolineato da altre quattro Rumi, immediatamente a ridosso dei primi: Pietro Carissoni, Ennio Longinotti, Costanzo Daminelli e Aldo Zecca.
Nella speciale classifica a squadre i tre alfieri della Rumi, Carissoni, Basso e Daminelli, risulteranno primi.
Il 1955 fu un anno topico per la Rumi; in quell’anno non solo produsse la più sofisticata ed efficiente macchina da fuoristrada che esisteva allora al mondo, con la quale vinse un po’ dappertutto e conquistò la prima piazza del Campionato Italiano di Regolarità, per Squadre d’Industria, con Basso, Daminelli e Carissoni, ma fu segnata da un evento del tutto estraneo alla sua dirigenza, che le procurò purtroppo un’ingente perdita finanziaria dalla quale non si risollevò mai più e che la portò progressivamente al totale dissesto economico.
La produzione di moto andava a gonfie vele come pure la produzione di macchine tessili.
Negli stabilimenti di Bergamo, via Gian Battista Moroni, trovavano lavoro ben 1500 tra impiegati e operai, e con i suoi 72.000 metri quadrati era la più importante fabbrica della città.

Nella primavera di quell’anno, arrivò dal Governo Argentino, una commessa talmente consistente da far rabbrividire anche i più rinomati capitani d’industria dell’epoca.
Una nave intera, carica di telai e macchine tessili, attraversò l’atlantico e portò in Argentina merci per l’ingentissimo controvalore di alcune centinaia di milioni di lire.
Una volta arrivate a destinazione, le merci vennero sistemate in appositi magazzini, in attesa di essere definitivamente consegnate e installate presso le fabbriche committenti.
Senonchè, il 19 settembre di quell’anno, un colpo di stato militare esautorò l’allora presidente argentino Juan Domingo Peron e, durante i disordini che seguirono, le merci stipate nei magazzini vennero rubate e nessuno, a cominciare dai nuovi governanti, fu disposto ad onorare il debito poiché non esisteva più la merce che l’aveva originato.
Si fa presto a dire “dont cry for me Argentina…”, e senza voler scomodare l’illustre Giambattista Vico è facile scorgere un doloroso ricorso storico;
sta di fatto che l’ingente esposizione bancaria che la Rumi aveva accumulato per concludere quello che, almeno sulla carta, si presentava come un ottimo affare, divenne irreversibile.


-
-
-
-
-
-
1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8