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Laverda (1947 – 1980)
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Al contrario di quanto poteva sembrare la moto non eccelleva in nulla con l’aggravante di essere afflitta da difetti talmente gravi che ne resero addirittura impossibile l’utilizzo, come l’accensione... che si accendeva una volta si e due volte no.
Il modello da 250 cc avrebbe dovuto essere affiancato da altre differenti cilindrate; all’uopo venne anche allestito un solo prototipo da 402 cc, ma dopo due anni di calvario (soprattutto per gli acquirenti dei modelli messi in vendita) non se ne fece più nulla.
La delusione per questo clamoroso insuccesso fu grande, tanto che il suo nome venne progressivamente storpiato in Ciod = Chiodo, a causa della sua non completa affidabilità, e a poco servì la presentazione di un nuovo modello.
Nel 1975 infatti, a due anni dal lancio della Chott, la Laverda ritorna sui suoi passi e ci riprova con una sua evoluzione, si spera riveduta e corretta, presentando due nuove moto, denominate rispettivamente 2T e 2T/R (La R si suppone indicasse l’attitudine del mezzo alle gare di Regolarità).

Mentre la 2T è la stessa moto di prima con un colore differente (rosso il telaio e bianco il serbatoio), la 2T/R, cui diede il proprio positivo contributo anche Otto Kohler, che con la casa di Breganze intratteneva da anni intensi rapporti commerciali, è effettivamente evoluta e lascia ben sperare.
Sul telaio della 2T/R sono presenti numerosi fazzoletti di rinforzo; il motore, semplificato al suo interno (meno luci di travaso e una sola fascia elastica a L) e arricchito di un nuovo carburatore Dellorto da 34, eroga maggior potenza, 30 hp, ad un numero di giri inferiore.
A parta la nuova colorazione, le differenze estetiche più evidenti sono i parafanghi alti in plastica bianca, il motore e i mozzi interamente dipinti di nero.
Malgrado i tecnici della casa di Breganze si fossero messi d’impegno e risolto tutti i problemi che affliggevano la Chott, migliorandola sensibilmente in più punti, il lancio di questi due nuovi modelli, avvenuto in occasione del Motosalone del 1975, non sortì alcun effetto particolare.
La delusione diffusa dopo il lancio della sua prima edizione tenne alla larga qualunque potenziale acquirente e indusse la Laverda a cambiare nuovamente strada.

In occasione del medesimo Motosalone la Laverda presentò anche un modello da 125 cc, denominato 125 CR, anch'esso nella nuova colorazione rossa (telaio) e bianca (il serbatoio), che rappresentava la vera novità che la Laverda propose al pubblico in quell’anno ed il possibile sbocco agli errori del passato.
Questo nuovo modello venne commercializzato a partire dalla primavera 1976.
La nuova moto, oltre ad avere un nuovo telaio (a culla unica, sdoppiata sotto il motore) e nuovi ammortizzatori Marzocchi TFi Piuma sull’anteriore e sempre Marzocchi sul posteriore, è dotato del nuovissimo propulsore Husqvarna con ammissione a valvola lamellare e cambio a sei marce.
Con questo nuovo modello la Laverda inverte la tendenza e dimostra di aver imboccato una direzione capace di portarla al successo.

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