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Beta (1967 – 1986)
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1904 – La storia della Beta affonda le sue radici agli inizi del secolo scorso; correva l’anno 1904, quando il fiorentino Giuseppe Bianchi intraprese la brillante carriera di produttore e riparatore di biciclette con la denominazione "Società Giuseppe Bianchi".
Spettò poi a suo figlio Enzo, coadiuvato da Arrigo Tosi, il merito di compiere il salto di qualità iniziando la produzione di ciclomotori prima, e motociclette poi, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel 1948, nella nuova sede di via Aretina.
Fu in quell’occasione che nacque la Beta, il cui acronimo deriva appunto dalle iniziali dei due soci.
Ancora oggi la proprietà è nelle mani della famiglia Bianchi e le gloriose insegne della Betamotor brillano fulgide, giustamente orgogliose di aver raggiunto tutti i più importanti traguardi che una vera Casa Motociclistica possa sperare di raggiungere nel corso della sua vita, non ultimo aver superato indenne la fine del ventesimo secolo ed essere ancora oggi presente sul mercato con prodotti validi ed esclusivi.
L’azienda sin dalle origini si dimostrò forte e sana, si sviluppò costantemente e, dai primi ciclomotori a rullo e telaio rigido del 1948, bruciò rapidamente le tappe ed entrò presto a far parte del ristretto ed esclusivo club dei costruttori di motori, già nel corso degli anni cinquanta.

1969 – Verso la fine degli anni 60 la Beta aveva in catalogo un interessante motorino a due tempi Tipo 4M Cross (38,8mm e corsa 42), con cilindro in ghisa inclinato in avanti di 25° e larga testa in alluminio ad alette dritte.
Trasmissione primaria a ingranaggi, secondaria a catena, cambio sempre in presa a 4 rapporti, con preselettore a pedale e frizione a dischi multipli in bagno d’olio; mozzi in alluminio e freni a tamburo, da 118mm (ant.) e 103mm (post) di diametro;
le piccole ruote 2,50 x 17 (anteriore e posteriore) sottolineano gli evidenti limiti del mezzo.
In compenso le dimensioni del gruppo di scoppio erano abbastanza voluminose e il cilindro era inciso da tre grintosi tagli verticali nelle alette.
Piccoli, ma significativi accorgimenti come la maniglia posteriore, i due bussolotti porta candele saldati direttamente al telaio sul lato sinistro o l’ampio carter paracatena, indicavano la volontà di proporsi al top della sua categoria.
Dotato di un moderno telaio a doppia culla, si presentava sicuramente accattivante anche se, è giusto riconoscerlo, non si poteva considerare una moto da corsa.

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