KTM (1955 – 1985)
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Diversi gli accessori realizzati in vetroresina, come il fondino della sella, la cassa filtro, le tabelle portanumero ed il serbatoio.
Quest’ultimo è fissato al telaio con una fascia in cuoio nero che ne consente lo smontaggio rapido; la sua particolare linea, rende questo modello veramente inconfondibile.
Viene mantenuta la tradizione inaugurata dai Penton, dove la cilindrata determina il colore del serbatoio (e della scatola filtro): verde il 100, rosso il 125 e azzurro il 175.
L’intercambiabilità dei pezzi e il susseguirsi pressoché infinito dei modelli interruppe presto questa consuetudine e rese impossibile qualunque censimento cromatico.
Le stesse moto commercializzate sul mercato americano mantengono la denominazione Penton e si differenziano unicamente per il colore metallizzato dei serbatoi.
I serbatoi KTM, viceversa, non erano verniciati perché la resina stessa veniva colorata con lo specifico pigmento.
Non cambiano i parafanghi in alluminio lucidato; l’anteriore, leggermente più largo del precedente, è fissato con un supporto in alluminio forato con inciso il logo KTM.
Il comando gas Magura è a doppio filo per consentire il montaggio di un cavo di scorta.
Faro anteriore e posteriore Aprilia, come pure l’interruttore, ma era possibile avere, come accessorio, l’impianto “gara” costituito dal piccolo faro anteriore Kfz montato su silent-block e dal fanalino posteriore Hella.

Identiche le ruote con gomme Metzeler, cerchi Radaelli e mozzi in alluminio, con il posteriore, dotato di parastrappi e lucidato, che permette di lasciare in sede la corona in caso di smontaggio della ruota; opzione vanificata dalla discutibile scelta della stampella laterale in luogo del classico cavalletto centrale, in uso sui modelli ufficiali.
Durante l’intera stagione in casa KTM preferirono concentrarsi sul cross e affidare allo squadrone schierato dalla compagine bergamasca, capitanata da Arnaldo Farioli, il compito di difendere l’onore sul campo della Regolarità.
Da questo punto di vista in casa KTM potevano certo dormire fra due guanciali.
Da vent’anni ormai nella bergamasca lo sport della Regolarità era diventato più che “popolare” e si affacciava già sulla scena la seconda generazione di giovani piloti, quelli che avrebbero saputo spremere fino in fondo i nuovi motori a due tempi.
La gigantesca palestra incuneata nelle Alpi, quotidianamente praticata dall’alta scuola bergamasca, aveva forgiato una nuova leva di atleti fortissimi e ansiosi di misurarsi a tutti i livelli.
Farioli non solo poteva godere di una scelta vastissima, ma semplicemente affidando la moto ad un amico, poteva accaparrarsi un “manico” di livello mondiale.
Senza grande difficoltà, ma con intelligenza e acuto spirito imprenditoriale così fece, e schierò ai nastri di partenza di tutte le più importanti gare della stagione una rosa di piloti che si rivelò presto imbattibile.

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